Pannello III

COD: od3 Categoria:

Descrizione


IL CICLOPE
Il cuore del Libro IX è la storia dell’incontro con il Ciclope Polifemo. Anche qui l’uomo Odisseo, il polùtlas (molto audace), dimostrerà furbizia, ma si pentirà del sacrificio che per la propria curiosità dovranno pagare i fedeli compagni; questi ultimi, in prima istanza, hanno funesti presagi e chiedono, inascoltati, di andar via. La terra dei Ciclopi è attraente, ricca di cibo, bestiame da mangiare e sacrificare; in dodici capeggiati da Odisseo si avventureranno nell’antro del ciclope. L’incubo che vivranno è rappresentato da una spirale, reinterpretata con una doppia via: l’ingresso e l’uscita salvifica. L’astuzia di Odisseo, osservatore inerme della feroce antropofagia del ciclope, non si ferma. Nella spirale della morte passano due giorni, rappresentati dai beffardi soli già incontrati, arriva la morte e così la fine dei fedeli compagni. L’astuzia di Odisseo, osservatore inerme dell’antropofagia ciclopica, si manifesta nell’elaborazione di un piano articolato e organizzato nel tempo. Solo il vino sacro, simboleggiato dalla coppa, ammalierà il gigante sino all’ebrezza, facendolo scivolare in un sonno profondo provocato da Hypnos, simboleggiato da ali di farfalla e di uccello; l’immagine cade nella spirale-occhio, al centro del pannello come un gorgo e simile alla morte terribile. Con il palo appuntito ed infuocato, rappresentato sulla sinistra, Odisseo accecherà il gigante rischiando ancora una volta la sua vita. Il piano per la salvezza ha il gregge come veicolo di fuga; quando Polifemo riaprirà l’antro, accecato e furioso, i placidi animali porteranno via gli ultimi sopravvissuti, che lesti riprenderanno le navi.

Dal libro IX vv.152-505
“Come, figlia di luce, brillò l’Aurora dita rosate,
l’isola stupiti vedemmo, e giravamo per essa.
[…] Quando dunque arrivammo alla terra vicina,
qui sull’estrema punta una grotta vedemmo, sul mare,
eccelsa, ombreggiata da lauri; […]
Qui un uomo aveva tana, un mostro, che greggi
pasceva, solo in disparte, e con altri
non si mischiava ma solo viveva, aveva animo ingiusto.
Allora ai fidi compagni ordinavo di rimanere alla nave,
e io scelti fra loro i dodici più coraggiosi,
andai […].
[…] Entrati nell’antro osservammo ogni cosa […]
Subito allora mi supplicarono con parole i compagni
che, rubati i formaggi tornassimo indietro […]; ma
io non volli ascoltare – e sarebbe stato meglio –
per vederlo in persona, se mi facesse i doni ospitali.
“[…] Ciclope, domandi il mio nome glorioso? Ma certo,
lo dirò; e tu dammi il dono ospitale come hai promesso.
Nessuno ho nome: Nessuno mi chiamano
madre e padre e tutti i compagni.”
“[…] Ciclope, se mai qualcuno dei mortali ti chiede
il perché dell’orrenda cecità del tuo occhio,
rispondi che il distruttore di rocche Odisseo t’ha accecato,
il figlio di Laerte, che in Itaca ha casa”.

Informazioni aggiuntive

Dimensioni 57 × 59 cm