Rossella Lovascio
Tra i ragazzi di Francesco Spizzico degli anni ’60 c’era anche Ignazio Lopez.
Nella bottega impastò il colore, mentre imparava la tecnica della decorazione.
Capì che il colore è niente senza la luce e che luce e colore si distendono nella forma in cui i segni si perdono e si esaltano quando l’artista riesce a dominare la materia. Cercò l’infinito nel finito e presto seppe che esso non può essere bloccato dallo schema duro del geometrismo, violenza antica contro la natura, ma deve lentamente fluire nella morbidezza del simbolo per diventare storia e far affiorare ciò che vive nel profondo dell’io, a volte sedato.
Un viaggio estenuante, questo, alla ricerca di frammenti da certificare con chiare cifre di lettura. E fu Spizzico a porre davanti a Ignazio un mondo inesplorato, millenario e vergine ove cercare le tracce del presente e del passato. Con lui esplorò la Puglia, teso in nuove emozioni da ascoltare prima e sentire poi, per renderle manifeste. Scoprì il paesaggio murgiano, i sassi conficcati nella terra, i contadini piegati dalla fatica e segnati dal sole, la magia dei castelli federiciani, le tracce della Magna Grecia: tutto in lui si mosse come un uragano.
Li assimilò con occhi di ragazzo e li fece abitare dentro di sè. Le immagini furono codificate dapprima con i colori violenti, poi tenui, perché nelle campagne di Puglia ogni sentimento sfuma nell’accettazione delle leggi fisse della natura e nella speranza di nuove attese.
Nei bassorilievi la luce si impenna e si smorza nei chiaroscuri sottolineati dalla tridimensionalità dei simboli della decorazione, fino a giungere alla perfezione formale.
Certo i bronzi e gli ori ellenistici gli sono presenti ma non lo condizionano, perché nella rielaborazione la sua arte è autonoma.
Alle pareti della sua bottega barese sono appesi tondi,steli raffiguranti figure femminili, piatti con motivi celtici, ove la volontà tonale è segnata dal colore, pezzi che hanno la vaghezza del gusto canosino. Dappertutto colori, gessi, opere in preparazione. Non c’è forno. E’ a Conversano, in campagna. Ignazio fa la spola, su e giù quasi quotidianamente. Ma lui non si stanca, dice di essere contento di poter immergersi nel verde.
È a Conversano che vede la sua opera finita. Il momento della cottura è determinante: la forma è definita, il colore si imprime. L’artista vede chiuso il suo ciclo di creatività. Ignazio gode questo momento tra le cose che ama, tra le quali la più importante è sentirsi appartenente al sistema perfetto della natura, in cui trova sicura consolazione. Sarà stato in uno di questi momenti che la sua immaginazione è stata folgorata dal ricordo degli antichi papiri, dalla loro solennità, dai guasti che i secoli hanno portato su di loro, fino a renderli preziosi frammenti. Così Lopez è addivenuto alla scoperta dei frammenti del cuore da plasmare sulla creta, da far rivivere per sempre.
Egli stesso ha intitolato “frammenti” una serie di sue composizioni. In essi vibrano i momenti magici dell’esistenza, smarriti nell’opacità della routine, quelli tragicamente dolorosi, mai del tuffo spenti, ma soprattutto la consapevolezza che milioni di uomini, in milioni di anni, hanno goduto e sofferto delle stesse cose, mentre cercavano il loro essere nel mare dell’essere e poi hanno taciuto, sopraffatti dal tutto ineluttabile. Quei papiri guastati sono la voce sommersa di quegli uomini, di quei mondi che non ci sono più, perché i vivi la possano ancora trasmettere a chi verrà dopo. Un lungo ponte, dunque tra passato e futuro, una meravigliosa continuità che colora le ragioni stesse del vivere, segnato, oggi, dal ritorno alla pittura.
I pensieri riposti si accavallano, perché il racconto abbia la compostezza di una sofferenza lenita. Si addentra nelle lunghe gallerie scavate nel tempo per ritrovare segni dimenticati, ma mai cancellati.
Essi danzano ancora davanti a luì, vividi come nella giovinezza, strappati miracolosamente a quel punto di fuga che voleva sommergerli. Nello stendersi i colori perdono l’ansia che li caratterizzò e diventano consolazione, frutto della dominata conoscenza del reale, sublimato e pronto per essere comunicato, senza più timore delle ombre.
ROSSELLA LOVASCIO